05 Mar 23 TURISMO TEMATICO: COME RILANCIARE E DESTAGIONALIZZARE IL TURISMO BALNEARE
Avevo deciso di scrivere questo articolo sul tema del turismo trasformativo cioè quel turismo volto alla crescita personale anche in viaggio da un punto di vista educativo, spirituale o di semplice benessere. Poi ci ho ripensato. Negli articoli precedenti ho infatti trattato delle nicchie di mercato molto specifiche, innovative, per pochi. Quindi in questo articolo tratteremo del turismo balneare (quello trasformativo non lo abbandoniamo ma solo posticipiamo). I tanti amministratori delle destinazioni che hanno la fortuna (così è la percezione di quelli che invece sono nell’entroterra) di trovarsi a gestire lunghe spiagge placidamente bagnate dal mare e ricchi introiti da attività commerciali ad esse correlate, a volte si siedono, potremmo dire, sugli allori. Non tutti, beninteso, ma tanti danno per scontato che il mare è lì, le spiagge anche, gli operatori turistici ormai storici non hanno bisogno di tante cose: il bel tempo ad un certo punto viene sempre a dare una mano ed i tanti vacanzieri in cerca di iodio e di relax arrivano sempre puntuali.
Il turismo balneare è quello che la scorsa estate ha potuto contare su un totale di 418 milioni 580 mila presenze e un fatturato complessivo di 31 miliardi 878 milioni di euro (indagine Panorama Turismo – Mare Italia dell’Osservatorio di Jfc). Nella frase precedente non dovrebbero saltarci all’occhio i numeri, seppur corposi, ma la parola “estate”. Il turismo balneare, è un’ovvietà, è fortemente stagionale con tutto quello che ne consegue in termini di precarietà degli impieghi e scarsità degli investimenti (in generale, ovviamente, ci sono innumerevoli eccezioni di grande valore). A mio parere il turismo balneare è ad un bivio (e non lo sa).
Da un lato i turisti che vanno al mare ci sono sempre, in particolare le famiglie, spesso che abitano nel primo entroterra e che utilizzano seconde case per fruire del mare “di casa”. Dall’altro il Covid ha reso questo tipo di vacanza meno appetibile per l’elevata concentrazione di persone in spiaggia, un assembramento cui alcuni ancora temono scegliendo spiagge minori e periodi di spalla. Per non scadere in banalità vorrei offrire tre spunti di riflessione che conseguono agli articoli precedenti in cui esaminavo nicchie di mercato di turisti in “ricerca” di innovazione.
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Turismo balneare: tre spunti di riflessione
Il primo è il fattore “trend” cioè il fatto che, soprattutto dall’avvento dei social network, i più giovani fanno scelte d’acquisto legate ai loro “influencer” digitali e se questi fanno scelte alternative al mare, secondo voi, i follower che faranno? Continueranno ad andare in spiaggia rischiando di essere “out”? Non credo. Far rimanere di moda il turismo balneare è un fattore determinante che passa dalla cura dell’ambiente marino (le spiagge nelle aree naturalistiche protette sono, ove consentito, prese d’assalto) alla fornitura di servizi di alto livello qualitativo in spiaggia, in città ma anche nel primo entroterra che sta diventando sempre di più motivo di scelta della destinazione turistica balneare. Non basta quindi il proliferare di selfie di piedi vista mare per dimostrare che il turismo balneare è ancora attrattivo per le nuove generazioni, ma servono servizi che le possano attrarre come una diffusa e veloce rete wifi per continuare a fare i nomadi digitali anche sotto l’ombrellone, così come gli eventi culturali che rendano piacevoli le serate ma anche i giorni di maltempo.
Il secondo motivo di riflessione è la necessità di un rinnovato rapporto mare-entroterra per estendere la stagione, ove di interesse, ben oltre i pochi mesi estivi (di cui le vere settimane piene sono sempre meno mentre aumentano i weekend pieni e gli infrasettimanali vuoti). C’è molto fervore intorno a questo tema, i principali programmi europei di cooperazione internazionale, che propongono di progettare sul turismo sostenibile, riportano l’interazione mare-entroterra come uno degli obiettivi primari per alleviare almeno in parte la concentrazione di turisti in queste aree. Ho avuto la fortuna di lavorare con albergatori riminesi che hanno investito in un progetto con weekend di primavera ed autunno tematizzati sulle attrattive dell’entroterra, così come un ambito turistico toscano (dell’entroterra) che sta spingendo su una campagna di advertising sulle aree di turismo balneare di prossimità, per arricchire il soggiorno di chi prenoterà la prossima estate con attività turistiche esperienziali ed esclusive.
Il terzo spunto di riflessione è infine la necessità di riqualificazione dell’offerta turistica nelle città balneari. Alcune Regioni stanno sostenendo finanziariamente ed economicamente le imprese che vogliono aumentare la qualità dei propri servizi in particolare relativamente alla ricettività alberghiera, quando sarebbe importante notare come il business dell’accoglienza si stia spostando sull’extra-alberghiero in particolare dei privati come già successo nelle grandi città d’arte. Non entro nella discussione, oggi molto attuale, dei balneari sui quali tengo solo a precisare un dato: 13,4 euro al giorno spesi in spiaggia (fonte Confcommercio) significa che per sostenere il settore servono tanti, tantissimi turisti e tutti concentrati nella bella stagione.
La sfida della sostenibilità è ancora lunga, forse è meglio che torno ad occuparmi del turismo rigenerativo!
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.
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