30 Apr 23 Turismo itinerante: le aree sosta camper come modello di accoglienza a basso impatto
Scrivo in viaggio, può capitare ad un aspirante nomade digitale cresciuto a weekend in camper e settimane in tour. Ero a cena lo scorso anno, piedi nella sabbia e buon vino bianco nel bicchiere, con il titolare di uno dei principali tour operator outgoing italiani ed un commensale ha chiesto a lui quale fosse il tipo di viaggio più versatile e coinvolgente. La risposta è stata rapida ed inequivocabile: open air (camper, roulotte, tenda). Il camper in particolare per le famiglie.
Sul tema del turismo all’aria aperta si apre un mondo fatto di approcci anche opposti: dalla spartana tenda al pullman camperizzato superlusso. La pandemia ha fatto esplodere questo settore: catene di abbigliamento sportivo vendono tende come mai nella loro storia, i prezzi dei camper sono saliti tanto che mezzi considerati obsoleti mantengono un forte mercato. Viaggiare portandosi dietro la propria casa signific,a infatti, sentirsi più sicuri perché non devi (quasi) condividere spazi comuni e nello stesso tempo sei libero di viaggiare ovunque rimanendo in contatto con la natura, proprio le sensazioni che più ci sono mancate nei lunghi mesi di lockdown. L’Italia, per questi viaggiatori, è (almeno in alcune Regioni) un vero paradiso. Vi sono aspetti socialmente positivi quali la limitazione del consumo di suolo, ad esempio, dato che per questi turisti basta un terreno livellato e poco altro. Su questo tema uno studio tedesco dell’Istituto per la Ricerca sull’Energia e l’Ambiente di Heidelberg dimostra che una vacanza in camper produce il più basso livello di Co2, ad esclusione solo delle vacanze a piedi.
Vi sono aspetti economicamente rilevanti di cui andrò ora a fare un elenco non esaustivo, ma che vorrei concentrare sull’importanza delle aree sosta camper come modello di accoglienza a basso impatto sul territorio soprattutto per i Comuni di piccole e medie dimensioni. Innanzitutto, questa infrastruttura diviene necessaria per diventare potenzialmente attrattivi per i circa 20 milioni di turisti in tutta Europa che scelgono questa modalità di viaggio.
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Perché investirci?
Perché ogni “equipaggio” spende in media 200 euro al giorno in ristorazione, nell’acquisto di prodotti enogastronomici locali e spendono in activities in particolare culturali quali ingressi nei musei, siti archeologici e parchi a tema. Un bell’indotto soprattutto dove, localmente, l’offerta di servizi è più strutturata e quindi può beneficiare più di altri di questi flussi economici. Inoltre il turista itinerante è anche colui che invece di un’escursione preferisce stare via entrambi i giorni del weekend e di weekend ne ha tantissimi a disposizione, visto che il suo approccio è di scoperta, avventura e relax. Si stima che l’utilizzo medio annuo di un camper sia di 79 giorni e questo significa weekend, ponti, viaggi brevi e lunghi ma soprattutto impegna il viaggiatore durante tutto l’anno non solo nei picchi estivi. 79 giorni sono un’enormità se paragonati a quante notti ognuno di noi si concede in una struttura ricettiva alberghiera o extra-alberghiera all’anno. Non è solo una questione di costi, ma di approccio: chi viaggia con questa formula può portarsi liberamente il proprio animale domestico, può e cerca di andare in piccoli borghi o destinazioni meno conosciute addirittura cercano destinazioni che non sono ancora tali per scoprirne l’autenticità e genuinità, ma soprattutto per conoscere da vicino chi vi abita e condividere un pezzetto di cammino con lui. Un esempio di ciò l’ho vissuto in questi giorni: arrivo all’area sosta nella Marina Alcaidesa (a pochi metri dal confine con Gibilterra) e trovo un signore sui 75 anni con un piccolo cane seduto a scrutare il mare. Ci sediamo, stappo due birre e scopro una storia straordinaria di una leggenda della fotografia naturalistica subacquea ritiratosi a vivere nella sua barca, ma ancora con tante avventure da raccontare che aspettavano solo qualcuno che posteggiasse il camper e si sedesse ad ascoltarle.
La vita del turista open air è essenzialmente fatta di incontri, di condivisione e di rispetto (per l’altro e per l’ambiente). I quasi 100 Comuni italiani che hanno aderito all’associazione dei Comuni amici del turismo itinerante probabilmente lo hanno capito: i turisti open air sono persone che passano senza lasciare tracce di cemento, ma solo condivisione di valori, storie e buone bottiglie. Visitano con rispetto i luoghi che li accolgono, li raccontano sui social, certamente, ma soprattutto a tavola con gli amici e parlano di luoghi che ancora non sono “destinazione” ma che potrebbero diventarla, anche a loro insaputa, molto presto.
Per le destinazioni che ospitano rilevanti flussi turistici questo tipo di turismo è una alternativa alla “aerificazione” dei centri urbani, per quelle che stanno lungo il percorso per diventare accoglienti è un’opportunità significativa di scambio culturale e sviluppo economico ma a piccoli passi, senza stravolgere la vita dei residenti ma rendendola più consapevole ed instillando in loro il seme dell’accoglienza che sarà la base per il futuro sviluppo turistico, sostenibile, del territorio.
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.