10 Lug 23 Destinazione turistica e intolleranze alimentari: buone pratiche da non sottovalutare
Uno dei principali piaceri da soddisfare quando si viaggia è mangiare. Anzi, per molti è proprio il motivo per cui si parte: assaggiare sapori nuovi, testare nuove cucine, sfidarsi (stile Pechino Express) con ingredienti che mai ci saremmo sognati di provare. Poi quando si torna a casa si ricercano al supermercato alcuni di questi sapori per prolungare, almeno a tavola, quella sensazione di benessere derivante da un periodo di vacanza appena trascorso. Ed è così che ogni piccolo Comune o celebre destinazione si impegna a valorizzare quei prodotti tipici e quelle ricette tradizionali che possono aiutarli nel difficile compito di posizionarsi nel mercato turistico ad oggi particolarmente competitivo.
Purtroppo, non tutti i turisti sono, però, liberi di mangiare tutto, anzi, tra intolleranza al lattosio, allergie al grano o al nichel, celiachia (intolleranza al glutine), allergie alle arachidi, alle uova, ai frutti di mare o ad altri alimenti, per questi turisti, viaggiare, può essere difficoltoso (e per qualcuno anche un rischio). Ad esempio, solo per la celiachia, secondo l’Istituto Superiore della Sanità circa l’1% della popolazione mondiale ne è affetto quindi, solo tra gli europei, parliamo di 4,5 milioni di persone. Persone che, a differenza, ad esempio, di soggetti affetti da disabilità motoria o visiva o ancor più cognitiva, tendono ad avere lo stesso approccio al turismo di chi non ne è affetto. In generale, quindi, le persone affette da intolleranze ed allergie alimentari sono potenzialmente un target su cui investire.
Proprio sugli investimenti vorrei centrare la riflessione di oggi visto che in quanto a comportamento d’acquisto, livello di spesa sul territorio, propensione al viaggio questi turisti seguono le segmentazioni tradizionali in base a fascia d’età, reddito ed interessi.
A questo punto l’obiettivo della destinazione turistica di differenziarsi, dimostrandosi “accessibile” nel senso più ampio del termine, passa per gli investimenti sia sul territorio che in comunicazione. Analizzandoli ci accorgiamo subito che rispetto alle necessità di altri turisti con esigenze speciali, in questo caso, la barriera all’ingresso sia molto più economica. Se parliamo dei disabili motori, ad esempio, abbiamo necessità di rampe, elevatori, attrezzatura specifica per le camere d’hotel. Se pensiamo alle famiglie con bambini piccoli abbiamo bisogno di camere ampie, fasciatoi ed attrezzature per l’allattamento o la preparazione dei pasti oltre a giochi ed intrattenimento dedicati.
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Per i turisti con intolleranze alimentari serve molto meno, ma va fatto comunque tutto al meglio. Partiamo dalla formazione degli operatori: è evidente quanto sia importante investire nella formazione del personale di ristoranti e strutture ricettive per aumentare la consapevolezza sulle allergie ed intolleranze alimentari e per far conoscere le “buone” pratiche da tenere per garantire un’offerta alimentare sicura. Nello specifico si parla di corsi di formazione dedicati alle intolleranze alimentari, per l’identificazione di allergeni, per la preparazione di alimenti senza contaminazione incrociata e per la gestione delle situazioni di emergenza legate alle allergie stesse. Questa attività è alla base di tutto: fatta bene la formazione il resto viene di conseguenza.
Ed il resto è la creazione di menù diversificati con opzioni alimentari adatte alle diverse allergie ed intolleranze alimentari. Questo si può fare con la collaborazione di chef e nutrizionisti che aiutino gli operatori a ideare nuove ricette o riqualificare quelle tradizionali garantendone l’assenza di allergeni ma anche la varietà e la qualità. Ovviamente valorizzando i prodotti tipici grazie alla tracciatura degli alimenti che dovrebbe iniziare proprio da quei produttori locali che sono il nerbo dell’accoglienza enogastronomica di una destinazione.
Infine, per concludere la riflessione sulle attività da svolgere internamente alla destinazione stessa, l’accesso ad una qualche forma di certificazione riconosciuta degli operatori turistici e soprattutto dei ristoratori. Per il target, la certificazione è una garanzia assoluta di tranquillità, per il ristoratore una testimonianza di attenzione e cura nella preparazione dei pasti molto ben valutata anche da chi non soffre di allergie o intolleranze (anche se per questi accedere e mantenere la certificazione è un impegno costante che richiede tempo, volontà ed attenzione maniacale in tutte le fasi di preparazione). La certificazione si lega al tema di comunicazione di questa scelta: l’aggiornamento dei siti web e delle app turistiche con informazioni dettagliate sulle opzioni alimentari disponibili, la promozione di guide o brochure specifiche sulle allergie alimentari e l’istituzione di canali di comunicazione diretta con gli uffici informazioni turistiche per rispondere alle richieste dei turisti. Tutto questo dimostra che la destinazione è attenta ad accogliere tutti nelle loro specifiche esigenze e questo è quanto mai gratificante per ogni tipologia di turista perché garantisce affidabilità, attenzione al dettaglio, cura di ogni fase di fruizione dell’offerta turistica. In pratica tutto quello che il turista vuole percepire per scegliere una destinazione. La vostra.
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.