Turismo e cambiamenti climatici: il futuro delle destinazioni montane

Pubblicato in Attualità, News

30 Ott 23 Turismo e cambiamenti climatici: il futuro delle destinazioni montane

Avevo già accennato a come alcuni cambiamenti ambientali, culturali e geopolitici stanno cambiando la percezione dei turisti circa le destinazioni turistiche. L’inspirazione per la riflessione di oggi mi viene dal commento, cui è stata data molta visibilità mediatica, del climatologo Luca Mercalli che al Corriere della Sera ha dichiarato che nel 2050, per effetto del riscaldamento globale, non sarà più possibile sciare sulle Alpi (né italiane né francesi, si precisa). Anzi, sostiene che l’effetto di questo riscaldamento globale porterà sempre più persone a trasferirsi in montagna per alleviare gli effetti in particolare del caldo estivo nelle pianure ma anche nelle zone costiere. Questa visione apocalittica mi ricorda un appunto letto nei libri delle medie (quindi scritti circa 30 anni fa) in cui si vaticinava l’esaurimento delle riserve di petrolio per il 2030; ad oggi, su questo tema, la stima dell’OPEC ha aggiornato il dato al 2065.

Queste date, che non sono per nulla così lontane, ci portano a riflessioni profonde anche sullo sviluppo del settore turistico. Torniamo alle nostre amate Alpi. Sono un amante del rumore della neve sotto gli scarponi in passeggiata, del profumo dei pini mentre scivolo aggrappato ai miei bastoncini da sci di fondo e dei rifugi che danno ristoro e calore durante le lunghe giornate di discesa sci ai piedi. Ho iniziato allo sci anche mia figlia ma solo leggendo quella data, 2050, mi sono reso conto che, forse, avrei dovuto dare priorità, per lei, a qualche altro sport. Il futuro delle destinazioni sciistiche, anche solo dal punto di vista economico, è a forte rischio. Leggo che per ogni ettaro di pista servono dai 100 ai 140mila euro di impianti e dagli 11 ai 15mila euro per i costi di energia per l’innevamento artificiale. L’ammortamento degli impianti poi è dato in 20 anni, ciò significa che impianti fatti ora, al termine del loro ciclo di vita, non saranno più necessari.

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È quindi il caso di ragionare su un percorso di riqualificazione delle destinazioni turistiche montane che prescindano dalla neve da discesa. Questo perché, anche dal punto di vista economico, non è più redditizio investire in impianti (per le pubbliche amministrazioni) ed in ricettività e servizi (per i privati). Alcune destinazioni si sono già mosse con investimenti ad hoc sia in infrastrutture che in marketing e tutte rivolte allo stesso concetto: turismo attivo in montagna. La definizione sottende una miriade di attività all’aria aperta, pratiche sportive e servizi correlati e danno la grande opportunità di specializzazione per le singole destinazioni. Ad esempio Andalo ha sviluppato una rete di percorsi MTB, il celebre Dolomiti Paganella Bike park con strutture ed istruttori per chi inizia a praticare fino ai terribili 1,9 km dell’Apocalipse Now, percorso “gravity” solo per esperti curato nei minimi dettagli per fornire una scarica di adrenalina ad ogni curva. A supporto una eccellente scuola che introduce i bambini già dai 6 anni alla disciplina ma che, all’occorrenza, porta qualcuno senza alcun allenamento nè tantomeno esperienza, su una MTB elettrica “full” a bere una birra a 1550 metri di quota prima di scendere, con cautela, lungo i percorsi più facili, ma con una emozione che riempie di entusiasmo le serate con gli amici. Di attività sportive ce ne sono tantissime, dal nordic walking all’arrampicata alle escursioni a cavallo e perfino all’husky (dog) trekking (una sorta di attività sportiva in cui si passeggia trascinati da cani, una sorta di sleddog ma senza slitta).

Per l’amministratore della destinazione turistica montana, sia dell’arco alpino ma ancora di più negli Appennini, questo passaggio diviene una priorità insieme al ripensamento dell’offerta non solo dei servizi ma anche della ricettività. Stante a quanto accennavo all’inizio, infatti, questa corsa alla montagna per superare la calura specialmente estiva potrebbe portare nuovi target di utenti a fruirne, di cui alcuni iniziamo già ad intravederli arrampicarsi su per i tornanti. Parliamo dei nomadi digitali che, grazie alle tecnologie di connessione web veloce anche nei luoghi montani, iniziano a ripopolare i borghi degli Appennini. Le famiglie, i cui bambini spesso conoscono solo i pochi spazi verdi dei parchi cittadini, sentono il bisogno di rafforzare il rapporto con la natura, aumentare la fiducia in se stessi tornando ad attività all’aria aperta e sfidanti sul piano mentale e fisico (come per i parchi avventura che stanno proliferando ovunque) e di rigenerare, grazie alle attività da svolgere insieme, un rapporto familiare cui troppo spesso si dedica giusto il tempo della cena. Le coppie adulte (ed over) che scelgono la montagna per godersi piaceri come le numerose spa, ma anche le attività come il trekking lento o le passeggiate per funghi. Ci sono poi, ovviamente, gli appassionati di sport all’aria aperta, quelli che soffrono il caldo, la folla ed i giudizi da “prova costume” delle località balneari i quali, dopo il Covid, stanno diventando un bacino di mercato in forte crescita, molto motivato e con buona capacità di spesa. L’attenzione all’ambiente è ormai una priorità globale ma anche una grande opportunità per quei luoghi, come le montagne italiane, che ancora conservano tanta parte di quella natura di cui tutti, ma proprio tutti, abbiamo sempre più urgente bisogno.

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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini

Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.

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