INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: Luigi Gallo, Direttore Galleria Nazionale delle Marche e Direzione Regionale Musei delle Marche

Pubblicato in Interviste, News

10 Mar 24 INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: Luigi Gallo, Direttore Galleria Nazionale delle Marche e Direzione Regionale Musei delle Marche

Dal novembre 2020 lo storico dell’arte Luigi Gallo è Direttore della Galleria Nazionale delle Marche e della Direzione Regionale Musei Marche – MiBACT (Rocche di Gradara e di Senigallia, Museo Archeologico Nazionale delle Marche, Musei Archeologici Statali di Ascoli Piceno, Arcevia, Cingoli e Urbisaglia, Antiquarium di Numana, Museo Statale Tattile Omero).

La Galleria Nazionale delle Marche è custodita nel prestigioso Palazzo Ducale di Urbino, culla del Rinascimento. Direttore Gallo, quali sono le peculiarità di uno dei più autorevoli musei nazionali italiani?

Una peculiarità rilevante è certamente la convivenza tra un edificio straordinariamente importante per la storia dell’architettura del Rinascimento, in cui si cristallizzano le ricerche stilistiche di questo periodo, e una collezione artistica composta da opere che provengono per lo più dal territorio, raccolte dopo l’Unità d’Italia durante i grandi cambiamenti e la demanizzazione del patrimonio ecclesiastico delle chiese locali. C’è quindi un rapporto molto stretto tra il Palazzo Ducale e una raccolta che racconta in maniera puntuale e sistematica l’arte nella regione Marche.

La Galleria Nazionale delle Marche ha anche un nomeossimorico, è al contempo nazionale e territoriale: racconta appunto la formazione e la diffusione di un linguaggio artistico che è anche identitario della regione. Il Palazzo Ducale è certamente uno degli edifici rinascimentali più famosi al mondo e il luogo principale di visita per chi viene ad Urbino. Basti pensare quanto il suo aspetto abbia influenzato l’architettura dell’Ottocento e perfino nei film di Walt Disney ritroviamo questo modello di Palazzo. Al suo interno sono conservate alcune testimonianze iconiche dell’arte rinascimentale, come le opere di Piero della Francesca e il quadro “Città Ideale” che rappresenta in modo quasi universale il concetto di Rinascimento. Questo dipinto, insieme al Palazzo, cristallizza i valori etici, culturali, politici e artistici del Rinascimento, che è un momento storico fondamentale per l’identità e la nascita del concetto stesso di modernità.

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La Galleria e il Palazzo Ducale sono stati interessati di recente da grandi lavori strutturali e dal riallestimento della collezione permanente. Qual è stato l’obiettivo e il risultato?

Abbiamo fatto degli interventi importanti, tanti ne stiamo facendo e tanti ne faremo ancora. Abbiamo lavorato al secondo piano di Palazzo Ducale: sono state aperte tutte le sale ed aumentato quindi notevolmente il percorso di visita, ospitando oltre 100 opere prima non esposte, che vanno da Federico Barocci fino al Settecento, un momento importante per la storia di Urbino. È stato il secolo che diede il potere a papa Clemente XI, originario di Urbino e che alla città regalò un Rinascimento settecentesco di cui parliamo in queste sale. Negli interventi è stato inoltre recuperato il torricino sud, oggi quindi sempre aperto al pubblico, da cui si accede facilmente alla Loggia del Gallo, anch’essa mai aperta in passato, per poi tornare agilmente nel Salone d’onore.

I lavori strutturali del Palazzo non sono però terminati e stanno proseguendo grazie ai fondi del PNRR e altri finanziamenti del Ministero della Cultura, con i quali stiamo riorganizzando il piano nobile, forse gli spazi più noti del Palazzo, tra cui l’appartamento detto “della Iole” nella parte più antica della dimora dei Montefeltro. È una ristrutturazione totale, dagli impianti elettrici e illuminotecnici alla sicurezza alla pavimentazione. Per le opere è previsto anche un nuovo percorso e una nuova esposizione. L’intervento durerà almeno due anni, ma già dal 28 marzo 2024 si potrà vedere completato il primo stralcio di lavori.

L’obiettivo è rendere sempre più interessante la visita al Palazzo Ducale, ma anche offrire delle novità alla ricerca – e ne sono emerse davvero tante – perché questo edificio è una fonte inesauribile di informazioni sia sull’architettura del Quattrocento sia sulla vita quotidiana di una delle corti italiane più raffinate di quell’epoca. Per esempio, tra le ultime scoperte, è emerso che l’appartamento di Federico da Montefeltro aveva un pozzo privato che saliva di due piani, quindi direttamente da queste stanze era possibile arrivare ad una corrente sorgiva e raccogliere l’acqua che immediatamente veniva portata nell’appartamento del duca. Si comprende quindi che, al di là delle scelte formali e della ricchezza dell’apparato scultoreo, nella sua costruzione il Palazzo è stato la rappresentazione più alta delle tecnologie e delle innovazioni tecniche del Quattrocento, avendo al suo interno l’acqua corrente e il primo bagno realmente esistente. Era il modello principale di dimora principesca e di quella dimora-stato che poi avrà grande successo nei secoli successivi. Non a caso Baldassarre Castiglione, all’inizio del Cinquecento, lo definisce “il più bello d’Italia”: questi lavori ci hanno dimostrato ancora di più che non lo era solo esteticamente, ma anche per la presenza di una serie di comfort che nessun’altra residenza italiana possedeva. Questa straordinaria ricchezza progettuale fa del Palazzo un’eredità alla quale è necessario prestare particolare attenzione.

Urbino, insieme a Pesaro, sarà Capitale italiana della Cultura 2024, secondo il progetto che vede ogni comune della Provincia diventare capitale per una settimana. Urbino lo sarà a dicembre. C’è già una programmazione per la Galleria?

Abbiamo in progetto molti eventi per questo anno. Come Galleria Nazionale delle Marche stiamo preparando una grande mostra che aprirà al pubblico già a fine giugno, dedicata all’artista Federico Barocci, il grande pittore di Urbino ed erede della tradizione di Raffaello, colui che idealmente porta Raffaello davanti a Caravaggio. Un pittore che vive e si forma ad Urbino, all’interno del Palazzo stesso. Porteremo in mostra oltre 80 opere provenienti da tutto il mondo, da Madrid a New York, da Londra ai Musei Vaticani a vari musei italiani, come gli Uffizi e la Galleria Borghese, fino alle chiese e cattedrali di Roma, Perugia, Senigallia. Gran parte delle sue opere torneranno per la prima volta nella nativa Urbino, per raccontare proprio la parabola umana ed artistica di questo grande figlio di Urbino.

Per la settimana di dicembre, in cui Urbino sarà “capitale italiana della cultura”, avremo l’apertura di un altro stralcio dei lavori realizzati con i fondi del PNRR, offrendo così spazi rinnovati nella visita del Palazzo. Il prossimo anno e mezzo sarà un periodo di continui eventi che vanno di pari passo con le celebrazioni di Pesaro capitale della cultura, ma ci tengo a precisare che sono eventi pensati e realizzati per rimanere come apertura verso il futuro. In generale, in questi anni, abbiamo lavorato con questi obiettivi.

Quali mostre o progetti sono attualmente in corso alla Galleria Nazionale delle Marche?

A Palazzo Ducale attualmente è visitabile la mostra “L’altra collezione. Storie e opere dai depositi della Galleria Nazionale delle Marche”, dedicata alla parte di patrimonio meno nota di Palazzo Ducale. Fino al prossimo 5 maggio la mostra propone al pubblico la selezione di 60 opere che in qualche caso si riveleranno delle vere e proprie epifanie d’arte. Si tratta anche di una sfida museografica. I depositi di tutti i musei italiani sono il cuore delle nostre raccolte, ci fanno capire molto non solo del museo stesso, ma anche della storia dei musei italiani e in particolare delle gallerie nazionali. Queste nascono, nel momento in cui l’Italia è unita, come luoghi dove raccogliere le opere d’arte provenienti dal territorio, proprio per creare quel linguaggio nazionale che è il fine primo e ultimo dell’invenzione di un’identità nazionale e che si fa anche attraverso la storia dell’arte.

Ha un obiettivo che le piacerebbe realizzare nel suo incarico di direzione?

Innanzitutto mi piace ricordare che Palazzo Ducale ha avuto tra i suoi direttori alcuni fra i più grandi storici dell’arte italiani. La Galleria Nazionale delle Marche è stata inaugurata nel 1913 da Lionello Venturi proprio nel giorno delle celebrazioni del terzo centenario dalla morte di Federico Barocci, e diretta in seguito da personalità come Luigi Serra e Pasquale Rotondi, grande interprete del salvataggio delle opere d’arte negli anni drammatici della Seconda Guerra Mondiale. Io porto timidamente questo testimone, perché chi guida Palazzo Ducale si deve confrontare non solo con l’edificio in sé e una collezione di grandi capolavori, ma anche con questa memoria della nostra professione di storici dell’arte e la deve portare avanti con onestà. Non è un ruolo semplice, ma assolutamente affascinante. Ho la fortuna di lavorare con uno staff di persone che stimo, le nostre giornate, pur lunghe e complesse, sono anche giornate in cui impariamo tutti qualcosa. Il rapporto con i direttori che mi hanno preceduto, anche idealmente, è un rapporto positivo; sento molto la loro presenza nel mio ufficio, c’è un’eredità di saperi ma anche di tipo morale.

Nel mio incarico desidero lasciare il più possibile intatto questo patrimonio ricchissimo, ma fragile, che compone la nostra identità. Vorrei che si capisse, sia ad Urbino che fuori, quanto il ruolo di un’istituzione nazionale permetta di raccontare l’eredità culturale del nostro patrimonio e quindi quanto Palazzo Ducale, così radicato nelle maglie strette di Urbino, rappresenti anche l’occasione affinché la città sia e continui ad essere un interprete principale del dialogo nazionale ed internazionale.

Direttore Luigi Gallo, può dare il suo consiglio a chi legge su una peculiarità o un’opera che non deve sfuggire a chi visita la Galleria Nazionale delle Marche?

Personalmente amo tutte le opere della Galleria Nazionale delle Marche, sono ormai entrate nel mio dna. Se devo scegliere, ne consiglio due in particolare. La “Madonna di San Giovanni” di Federico Barocci, un quadro di dimensioni contenute eseguito quasi come un omaggio personale alla Madonna e come un ringraziamento per averlo salvato dall’ipotetico avvelenamento al quale sarebbe stato sottoposto dagli invidiosi pittori di Roma. E che lo convinse a tornare ad Urbino e non spostarsi più. In questo quadro si percepisce in maniera chiara e delicata il suo rapporto intimo con la sua città e la natura viva e meravigliosa del Montefeltro, che entra prepotentemente all’interno della narrazione pittorica.

E poi un’opera alla quale sono personalmente molto legato. Ogni volta che giro per le sale della Galleria mi fermo ad osservare la “Madonna di Senigallia” di Piero della Francesca. Quando ero bambino mio padre, che era un pittore, aveva nel suo studio l’immagine di questo quadro e mi parlava sempre dell’arte di Piero, della grazia, dei volumi e della luce. Ogni volta che osservo la “Madonna di Senigallia” il pensiero si commuove e il ricordo va a mio padre che ora non c’è più. Penso che l’arte racconti tante cose diverse e per ognuno di noi significhi qualcosa.

Intervista a cura di Sara Stangoni


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