18 Set 23 Le destinazioni di villeggiatura: come fare per rilanciare l’offerta e renderle “di moda”
Ci siamo lasciati due settimane fa sulla dicotomia di destinazioni per villeggianti e destinazioni per viaggiatori. Oggi entreremo nel dettaglio di questa distinzione sostanziale che incide su molteplici aspetti dall’organizzazione dell’offerta, alla promozione fino alla distribuzione. Il tutto poi incide sulla percezione esterna, verso i turisti e potenziali tali, di qualità ma anche, di questi tempi soprattutto, della sua popolarità su alcuni target di utenti.
Nel ciclo di vita della destinazione (rif. https://tourismteacher.com/butlers-tourism-area-life-cycle-model/ ) si mutua il modello del ciclo di vita di un qualsiasi prodotto o servizio e si definiscono alcune fasi.
La prima fase è quella in cui i protagonisti sono i pionieri cioè un ridotto numero di turisti scopre la destinazione, in autonomia, letteralmente scoprendo quelle che sono le potenziali risorse turistiche. Nella seconda fase iniziano a crescere le presenze e gli operatori turistici privati iniziano ad investire a piccoli passi. La terza fase è quella dello sviluppo della destinazione che viene invasa specialmente in alta stagione spesso superando, in numero, i residenti. In questa fase agli amministratori vengono chieste prevalentemente infrastrutture e trasporti. Nella quarta ormai la destinazione è matura ed iniziano ad arrivare investimenti importanti anche dall’estero per aumentare l’offerta e dimensionare maggiormente in particolare la ricettività. Durante la quinta fase si raggiunge il picco massimo di richiesta, tutti quelli che vogliono andarci hanno la possibilità di farlo ma, la destinazione viene percepita come “di massa” e quindi meno attrattiva rispetto ad altre emergenti. Infine, la sesta fase è, spesso, quella in cui la destinazione diventa “fuori moda” (da sfigati diremmo con un linguaggio più giovanile), le strutture ormai obsolete vengono abbandonate perché non si vede prospettiva di rilancio quindi non si giustificano gli investimenti. Anche per i servizi è la stessa cosa: ormai la gente sa che è meglio attrezzarsi con i mezzi propri e non si aspetta di trovarne di pubblici, tantomeno in bassa stagione.
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Come diventare una destinazione per moderni viaggiatori?
Le destinazioni per villeggianti mi danno un po’ l’impressione di essere in questa fase: piene di seconde case perlopiù vuote e spesso attrezzate con mobilio di fortuna perché “tanto, per due settimane l’anno, ci adattiamo”. E con le seconde case così attrezzate anche il mercato degli affitti prende una piega poco professionale, dove il mercato di prossimità si approccia per conoscenze dirette e tratta tutto in contanti. Alcuni tentano l’approccio con le piattaforme di sharing internazionali, ma alle prime recensioni negative (e dopo che il commercialista spiega loro quante tasse dovranno pagare su quegli introiti) mollano ritenendo l’opportunità poco proficua. Oppure non si affitta perché “in quella casa ci sono i ricordi dei nonni, non voglio che nessuno li tocchi o si rompano”. Insomma, nelle destinazioni per villeggianti si percepisce un destino già segnato. Anche rispetto ai servizi troviamo ben poca cosa: inutile mettere un noleggio bici se chi viene tiene quella vecchia del cugino in garage “che tanto la bici mi serve solo per arrivare a comprare il pane”. Così come un trasporto pubblico, per un’utenza perlopiù concentrata in poche settimane di alta stagione, non ha senso né economico né politico. E per gli stessi motivi diviene abbastanza inutile investire in promozione o trovare nuovi canali di distribuzione. Ci sediamo ed aspettiamo che i nipoti di coloro che ci andavano 2/3 mesi d’estate smettano di farlo.
Per le destinazioni di villeggiatura c’è però una via d’uscita che può consentire di passare ad una nuova fase di rilancio trasformando l’offerta in modo che divenga una destinazione di moda per i moderni viaggiatori. Questa via d’uscita passa da varie fasi: innanzitutto c’è bisogno di creare una consapevolezza interna, soprattutto politica e nei residenti, delle opportunità di un turismo diverso da quello cui sono abituati da decenni. Poi si passa ad una valutazione (o meglio rivalutazione) delle attrattive del territorio guardando in particolare ai nuovi trend. Se penso ad una destinazione appenninica, una di quelle aree interne particolarmente colpite da questo fenomeno di declino sicuramente demografico ma anche turistico, si possono immaginare una quantità infinita di attività all’aria aperta, dal forest bathing al downhill in mountain bike fino al trekking (un qualche tratturo dove inventare un cammino storico lo si trova ovunque). A quel punto, prima sul mercato di prossimità poi su scale sempre più ampie, si può lavorare per nicchie di mercato che, proprio per seguire la passione che li accomuna, andrebbero ovunque anche in una destinazione misconosciuta o passata di moda. Costoro inizieranno a mostrarsi in questi luoghi in particolare utilizzando i social media e trasmetteranno come “5 cose da fare a …” quel senso di esclusività che solo i pionieri della destinazione possono vantare.
E questo ci riporta al primo punto del ciclo di vita della destinazione. Cercasi pionieri per scoprire nuove cose da fare in vecchie destinazioni turistiche: chi si candida?
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.