12 Feb 24 Destinazioni turistiche: come coinvolgere nel modo giusto gli stakeholders
Progetti europei, iniziative locali, attività d’impresa. Per tutte queste attività ho notato che le difficoltà principali nella gestione dei “work packages”, che spesso porta a ritardi nelle consegne dei “deliverables”, è il coinvolgimento degli stakeholders, cioè proprio di quelli cui sarebbero destinati tutti gli sforzi profusi dei progetti di destinazione o d’impresa.
Non è facile capire perché, ad esempio, nel progetto europeo Interreg Italia-Croazia “OMNIS”, rivolto alla creazione di servizi e pacchetti specificatamente pensati per persone con disabilità visive e con “pets” al seguito di cui mi sto occupando, sia così difficile avere la disponibilità dei soggetti interessati anche solo per compilare un questionario online oppure per partecipare ad una riunione in presenza. C’è, in generale, una certa diffidenza nel dedicare tempo a progetti di varia natura o forse mancanza di fiducia nel fatto che ci sia qualcuno che si possa essere impegnato per valutare le specifiche necessità di un target; ci abbia scritto un progetto, abbia vinto un bando di gare e ci si impegni a portarlo a termine non solo per il proprio tornaconto ma per il bene di quei soggetti target specificati nel progetto.
A tutti noi, me compreso, risulta difficile immaginare che qualcuno si possa dedicare alle nostre esigenze anche se non siamo soggetti vulnerabili, disabili o bisognosi di cure speciali. Questi soggetti, ovviamente, hanno la priorità in tutti gli ambiti progettuali centrati nel sociale e sono oggetto di attenzione da parte sia delle istituzioni pubbliche che delle associazioni di volontariato.
Diamo quindi per assodato che coloro che operano nel pubblico e nel terzo settore abbiano questa responsabilità in quanto pagati dalla collettività o semplicemente spendenti il loro tempo libero. Quanto ai soggetti privati, però, che si impegnano nel pensare e gestire progetti c’è la presunzione che lo stiano facendo, anche se mossi da nobili valori, per un tornaconto economico. Questo retropensiero inibisce i famosi “stakeholders” o portatori d’interesse nel dedicare anche solo qualche minuto del proprio tempo alle attività di progetto pensate proprio per loro.
I progetti sia europei che locali in ambito turistico soffrono moltissimo di questo fenomeno, in quanto gli stakeholders sono spesso imprese private in concorrenza tra loro (quindi il loro pensiero segue il concetto di “non vado all’incontro così non sono obbligato a condividere le mie buone idee con i miei competitors”) oppure clusters specifici di turisti a volte difficili da individuare oppure interessati a partecipare solo in cambio di un buon pranzo o una bella escursione gratuita.
Parto dal presupposto che le informazioni, se le vogliamo qualificate e pensate, hanno un costo. Mi fido il giusto dei risultati dei questionari sparati sui gruppi social tematici dove chi risponde lo fa per puro spirito di collaborazione. Siamo onesti: perché perdere tempo a compilare con attenzione un questionario online dei cui risultati non avrò beneficio? Per le attività di progetto, ed ancor più per quelle di impresa, la qualità del dato di un questionario, piuttosto che il confronto con il target prescelto in un tempo concentrato come in un focus group, è di fondamentale importanza.
Gli amministratori delle destinazioni turistiche vorrei che riflettessero molto su questo punto, perché i soli investimenti in “promo-commercializzazione” non producono effetti concreti senza una fase ciclica di ascolto dei target e riqualificazione del mood e dei contenuti della comunicazione all’interno ed all’esterno della destinazione stessa.
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Nel caso specifico del progetto che ho citato dianzi, abbiamo trovato nella sezione provinciale di Pesaro ed Urbino dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici) e nella community di Tripdoggy dei partner attenti e qualificati da ascoltare e coinvolgendo i quali costruire tutti gli output di progetto, così da essere sicuri dell’efficacia delle azioni e di avere qualcuno che, di sicuro, sposerà il lavoro svolto per dargli continuità nel tempo integrandone i contenuti nelle proprie attività istituzionali e d’impresa.
La segnalazione ed il primo contatto con questi soggetti significativi del territorio è il compito degli amministratori della destinazione, in quanto profondi conoscitori del territorio e soprattutto di coloro che vi abitano e lo animano. La svolta, nel progetto sopra citato, è venuta proprio dai responsabili dell’Unione Montana Catria Nerone che, tra gli altri compiti, hanno quello della promozione turistica territoriale. Il saper scegliere chi coinvolgere è l’attività più complessa, perché richiede di conoscere a fondo non tanto le istituzioni o le imprese in generale ma essere profondamente connessi con le persone che rendono vive queste realtà individuando quei soggetti realmente significativi, disponibili, qualificati ed innamorati del luogo dove vivono da diventarne rappresentativi di un target di stakeholders. Termino con una citazione di W. Edwards Deming:
“In God we trust, all others must bring data”, che possiamo trasferire in “Ciò che misuriamo influisce direttamente su ciò che otteniamo. La qualità dei dati determina la qualità delle decisioni”. Siamo tutti d’accordo?
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.