Pubblicato in Interviste, News
20 Giu 22 INTERVISTE DAI COMUNI: Sabrina Santelli, assessore al turismo del Comune di Pergola
Sabrina Santelli è assessore al turismo del Comune di Pergola dal 2019. Le abbiamo chiesto progetti, visioni e suggerimenti sulla sua città.
Su quale progetto culturale/turistico state lavorando per il Comune di Pergola?
Nel 2019 abbiamo avviato l’ambizioso progetto “Pergola città delle tinte e dei colori per la cultura della naturalità” per lo sviluppo e la crescita dell’intero territorio pergolese e della Valle del Cesano. Era un punto del programma elettorale ed è stato ideato dall’assessore alla cultura Ciro Mariani in collaborazione con il prof. Davide Rampello. È un progetto che, partendo dalla storia locale, intende porre le basi per uno sviluppo integrato: cultura, imprenditoria, artigianato, agricoltura, turismo, formazione, economia sostenibile. Vuole rivitalizzare Pergola partendo da quei valori che credevamo perduti e che dal passato gettano un ponte verso il futuro, con un’idea generatrice di crescita sociale ed economica. L’intento è riportare in luce uno degli antichi mestieri che resero Pergola fiorente tra ‘600 e ‘700, ossia le lavorazioni artigianali della lana e del cuoio che furono, per circa sei secoli, gli elementi fondamentali dell’economia pergolese e diedero vita a due distinti agglomerati urbani. Il Quartiere delle Birarelle, dove ancora ci sono le case-laboratorio dei tintori lungo il fiume ed è ancora ben conservata una chiesa realizzata dalla Corporazione dei Tintori e dei Lanaioli dedicata a Santa Maria delle tinte, forse un unicum. E il quartiere delle Conce, dove veniva lavorato il cuoio. Questo progetto, quindi, parte dalla valorizzazione delle piante tintorie per un utilizzo in chiave innovativa. È un progetto che si sviluppa su quattro principali assi: economia circolare, rigenerazione e sostenibilità ambientale, ricerca e innovazione svolta con le principali università marchigiane per supportare tutta la filiera ed infine la formazione professionale in collaborazione con la regione Marche legata alle nuove esigenze dettate dai cambiamenti socio-economici-ambientali. Attualmente abbiamo sei giovani agricoltori che stanno sperimentando la semina del guado, la pianta tintoria d’eccellenza e definita ‘oro blu’, ossia il blu tipico del Cinquecento, che aveva una coltura fiorente nelle nostre zone. Il colore blu si ricava dalla macerazione delle foglie, conservate nelle “palle della cuccagna”, nome che evoca la prosperità dei luoghi dove il guado si produceva. È una tinta particolarmente pregiata e ricercata anche all’estero. Ci tengo a sottolineare che il progetto “Pergola città delle tinte e dei colori per la cultura della naturalità” è una parte importante del progetto “La Natura della Cultura”, nella sezione la natura operosa della cultura, con la quale Pesaro è diventata Capitale della cultura 2024. È un progetto pubblico/privato, un’altra innovazione del nostro Comune per creare una società no profit e diventare un luogo di riferimento internazionale per questa produzione. Ovviamente negli aspetti di questo progetto c’è il turismo, in più accezioni e con pacchetti dedicati: esperienziale, imprenditoriale e naturalistico attraverso paesaggi naturali, luoghi di produzione enogastronomica e artigianale. C’è la sincera volontà di porre al centro dello sviluppo di un territorio la persona, il “saper fare” e quel genius loci che ha contraddistinto per secoli l’Italia intera.
Parliamo ora di Pergola come “meta non comune”: quali sono le tre cose assolutamente da fare e vedere secondo lei?
Sicuramente tappa imprescindibile è il Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola. Conserva questo straordinario gruppo dorato equestre a grandezza naturale, unico al mondo, composto da 318 frammenti ricostruiti. Ritrovarli nel nostro Comune è stata una fortuna e un prestigio. Tra l’altro, per noi ha un valore affettivo perché è simbolo della battaglia che i pergolesi hanno condotto a fine anni ’80, con grande spirito di appartenenza e comunità, per poterli esporre a Pergola dopo il restauro, piuttosto che nel capoluogo di regione (come imponeva una legge regionale). Oggi una sala immersiva permette una visita attrattiva e dinamica. Il mistero che ancora avvolge queste sculture le rende ancora più affascinanti.
Secondo consiglio è la visita alla cappella del Palazzolo, all’ingresso della città, che conserva all’interno affreschi riconosciuti dalla critica come “uno dei momenti più alti della pittura a fresco del ‘400 marchigiano“. Proprio per questo inizialmente furono attribuiti a Raffaello oggi sono stati ritenuti di Lorenzo D’Alessandro. Fu costruita probabilmente di fronte ad un luogo dove si amministrava la giustizia e si recavano qui coloro che dovevano essere giudicati, per raccomandarsi prima della sentenza o successivamente per ringraziare in caso di verdetto favorevole. Dallo scorso anno la cappella è diventata luogo del cuore del FAI, grazie ad una campagna che abbiamo condotto per sensibilizzarne la salvaguardia e trovare fondi per il restauro. Mi piacerebbe far ammirare questi affreschi anche agli ipovedenti e ipoudenti attraverso l’uso di tecnologie apposite, con un progetto di inclusione sociale su cui sto lavorando.
La nostra città, infine, è denominata la “Pergoletta santa”, per la presenza di ben 54 chiese nel nostro territorio, molte delle quali custodi di cicli pittorici e tesori d’arte. Questo patrimonio architettonico e artistico dimostra la grande devozione del territorio e anche la fiorente economia che l’ha caratterizzato per secoli, potendo edificare tanti luoghi sacri.
Rivolgiamo l’attenzione ai giovanissimi. C’è un progetto culturale/turistico che vorrebbe realizzare per le generazioni future del suo Comune?
La grande sfida è trasformare la percezione del ruolo delle aree interne, soprattutto dopo la pandemia, attraverso la cultura e il turismo. Un vero e proprio progetto di ‘neo-popolamento’ dei nostri piccoli centri, che sono stati protagonisti di storie di partenza e raramente di ritorno. Dobbiamo scongiurare che questi luoghi diventino privi di identità e orfani di comunità. La politica per tanti anni si è un po’ dimenticata delle aree interne e molti si sono trasferiti per lavoro. Faccio parte dell’associazione “Riabitare l’Italia”, che ha l’obiettivo di aiutare proprio le persone di questi territori. In particolare c’è la ricerca “Giovani dentro”, condotta per capire le loro esigenze, ambizioni e progetti. I dati emersi sono davvero significativi e sfatano luoghi comuni: due giovani su tre hanno dichiarato di voler rimanere a vivere nelle aree interne e più della metà vuole costruire il suo futuro nel territorio dove è nato. È un vero capitale culturale da non sottovalutare, da cui partire per studiare progetti turistici e culturali dedicati.
Qual è una delle ultime “mete” culturali che ha visitato? Una mostra, un museo, un borgo, un monumento storico o contemporaneo….
La Villa imperiale sui rilievi collinari del Monte San Bartolo nei pressi della città di Pesaro, in occasione dell’incontro di presentazione da parte della Confcommercio di Pesaro e Urbino della nuova edizione della guida dell’Itinerario della Bellezza, di cui Pergola fa parte. È una residenza rinascimentale davvero sorprendente, immersa nel verde del Parco Naturale del Colle San Bartolo, con uno splendido giardino all’italiana e in simbiosi con la natura circostante. Le stanze hanno pareti affrescate e soffitti a cassettoni di alto livello artistico, tra l’altro tinteggiati con il colore blu del guado. Consiglio assolutamente la visita, è uno di quei tesori che la nostra Italia sa regalarci.
Se dovesse tornare nella sua città dopo 10 anni di assenza, quale sarebbe la prima cosa che vorrebbe sicuramente rivedere o fare?
Mi sento fortunata di aver potuto vivere in una realtà come Pergola, con una territorio naturale di qualità e soprattutto con una dimensione umana e comunitaria, tipica dei piccoli centri, dove si possono ricevere saluti e ricambiare sorrisi che mi fanno stare bene ogni giorno. Quindi, al mio ritorno dopo così tanto tempo, la prima cosa che farei è recarmi nel centro storico di Pergola, percorrere il corso per incontrare i suoi abitanti, avere delle relazioni, mangiare il tipico gelato “moretto” in piazza Ginevri che la nostra amministrazione ha reso pedonale perchè sia uno splendido spazio di accoglienza e convivialità. Come ha scritto Cesare Pavese ne La luna e i falò: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
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