INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: Saverio Verini, Direttore Rete Musei di Spoleto

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24 Giu 23 INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: Saverio Verini, Direttore Rete Musei di Spoleto

Saverio Verini è curatore di progetti espositivi, festival, cicli di incontri legati all’arte e alla cultura contemporanea. Ha collaborato con istituzioni quali La Galleria Nazionale, Istituto Italiano di Cultura di Parigi, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, MACRO, Quadriennale di Roma, Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, American Academy in Rome, Civitella Ranieri Foundation, Fondazione Ermanno Casoli, la fiera ArtVerona. Dal 2017 al 2023 si è occupato del coordinamento delle mostre alla Fondazione Memmo di Roma. Nel biennio 2021-2023 ha curato i progetti dei borsisti in residenza all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici. Collabora con la rivista Artribune e scrive testi critici in occasione di mostre personali e collettive in musei, gallerie private e altri spazi espositivi. Nel 2018 ha pubblicato per PostmediaBooks la monografia Roberto Fassone. Quasi tutti i racconti. Per l’editore Castelvecchi ha pubblicato nel 2023 La stagione fatata, saggio sul rapporto tra infanzia e arte contemporanea italiana.

Dal 2023 è direttore della Rete dei Musei del Comune di Spoleto.

Lei è diventato da pochi mesi il nuovo direttore della Rete Musei di Spoleto, composta da sei realtà culturali. Che linea desidera adottare per la loro valorizzazione e promozione?

La Rete Musei di Spoleto è composta da Palazzo Collicola, la Casa Romana, il Museo del Tessuto e del Costume, la Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, il Museo delle Scienze e del Territorio e il Museo delle Miniere. Sono sedi espositive molto diverse tra loro, ognuna con la sua storia e le sue caratteristiche. L’idea che ho proposto per la rete dei musei si fonda sull’arte contemporanea come mezzo in grado di unire le varie sedi, “attivate” e rilette proprio grazie agli interventi degli artisti. Questi interventi si manifesteranno in momenti specifici: uno di questi è senz’altro il periodo estivo, che vede la città di Spoleto attraversata da un grande fermento grazie al Festival dei Due Mondi. L’obiettivo è quello di creare un circuito che ponga gli spazi al centro di una serie di progetti capaci di unire storia e presente, aperti a pubblici differenti.

Palazzo Collicola di Spoleto è un museo dinamico dedicato all’arte contemporanea, fortemente distintivo nel patrimonio museale dell’Umbria. Cosa lo caratterizza in modo particolare?

Palazzo Collicola è la sede più grande della rete dei musei comunali e sicuramente la più adeguata a ospitare mostre temporanee. La collezione permanente è una vera miniera, con opere che attraversano esperienze fondamentali dell’arte contemporanea in Umbria, pur mantenendo un respiro internazionale. Ci sono le opere degli artisti del Gruppo di Spoleto (Giuseppe De Gregorio, Filippo Marignoli, Giannetto Orsini, Ugo Rambaldi, Piero Raspi e Bruno Toscano), quelle acquisite grazie al Premio Spoleto (Pascali, Uncini, Ceroli, Lorenzetti e altri), i bozzetti della mostra Sculture nella città. Spoleto 1962 voluta da Giovanni Carandente e considerata una pietra miliare nella storia dell’arte del Novecento. E ancora opere di artisti legati a Spoleto come Leoncillo, Sol LeWitt, Alexander Calder. È un museo che ha un respiro internazionale ed è legato alla vocazione di Spoleto per l’arte contemporanea, grazie alle numerose esperienze che hanno visto protagonista questa città.

E poi ci sono le mostre temporanee, tutte realizzate in concomitanza con il Festival dei Due Mondi: gli spazi del piano nobile ospitano Intervallo, una mostra personale di Flavio Favelli, che per la prima volta espone a Spoleto. Favelli è un artista unanimemente riconosciuto tra i più importanti della scena contemporanea italiana, grazie anche alle sue partecipazioni a due edizioni della Biennale di Venezia, nel 2003 e nel 2013 (in quell’occasione invitato a rappresentare il Padiglione Italia). Il suo intervento per le sale del Piano Nobile prevede l’utilizzo di numerosi oggetti che entrano in cortocircuito con gli arredi già presenti: la pratica dell’artista, infatti, si fonda sull’utilizzo di vecchi mobili dismessi, suppellettili e altri materiali dal carattere “domestico” come bottiglie, vasi e vassoi. Questa galassia di oggetti – che conserva un rapporto con la memoria e l’identità italiana, sottolineando le tensioni tra lo spazio privato della casa e quello pubblico della strada – viene ricombinata per dar luogo a opere stranianti, riconoscibili ma tutt’altro che rassicuranti.

Al piano terra del Palazzo è possibile visitare La sostanza agitata, una mostra collettiva che coinvolge artisti under 35 (Francesco Bendini, Paolo Bufalini, Lucia Cantò, Giovanni de Cataldo, Binta Diaw, Bekhbaatar Enkhtur, Roberta Folliero, Jacopo Martinotti, Lulù Nuti, Giulia Poppi, Davide Sgambaro). Si tratta di una mostra dal forte impianto generazionale a cui tengo molto, perché reputo che possa dare conto della varietà e della vitalità della ricerca artistica nel nostro paese. Oltre al taglio anagrafico, gli artisti in mostra sono legati da un comune interesse per la dimensione installativa e plastica e, in generale, per l’approccio scultoreo, che in qualche modo vuole porsi in continuità con la storia di Spoleto.

Sempre a Palazzo Collicola sono ospitate altre due mostre, nate dalla collaborazione con realtà spoletine: Pittura preziosa. Dipinti su pietra, rame e vetro, con opere provenienti dalla Fondazione Marignoli di Montecorona, dalla Collezione già Palazzo Valenti di Trevi e dalla Fondazione Camillo Caetani di Roma, una mostra di altissimo livello curata da Michele Drascek, Duccio K. Marignoli, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, che presenta oltre quaranta opere, perlopiù inedite, realizzate usando come supporto pietre preziose come l’alabastro; e infine la mostra fotografica Rock’n’Roll – il metallo, quello puro, non arrugginisce di Gabriele Donati a cura dell’Associazione Frak, in omaggio al fotografo spoletino prematuramente scomparso: un’esposizione dall’allestimento immersivo, che delinea perfettamente la poetica e lo sguardo di Donati.

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Oltre a Palazzo Collicola, quali incursioni d’arte contemporanea si potranno trovare nelle altre sedi museali per l’estate 2023?

Nella cornice della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo è visibile Anacronismo, di Paolo Icaro, che sancisce un ritorno dell’artista a Spoleto quasi 60 anni dopo dalla mostra storica Undici artisti italiani degli anni Sessanta (1967) a Palazzo Ancaiani curata da Giovanni Carandente, in cui partecipò con altri importanti artisti del momento. Anacronismo è un’installazione ambientale che l’artista dedica alla Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo: si compone di lastre di vetro specchiante, collocate sopra dei piccoli cumuli di sabbia rialzati, che catturano e riflettono i dipinti delle pareti attorno, amplificandoli e “catturandoli”, giocando sui punti di vista e la posizione dell’osservatore nello spazio.

In una sala del Museo del Tessuto e del Costume troviamo invece, l’installazione Teatrino dell’artista Adelaide Cioni: si tratta di tre costumi realizzati dall’artista per una serie di performance tenutesi in occasione della prestigiosa mostra personale che lo spazio espositivo Mimosa House, a Londra, le ha recentemente dedicato. I costumi sono esposti all’interno di teche in legno realizzate con la collaborazione dell’artigiano spoletino Leonardo Scaramucci: l’idea è quella di ricalcare l’allestimento del Museo, lasciando tuttavia che le opere di Cioni risultino perfettamente riconoscibili.

DreamHouse è, invece, l’intervento previsto per la Casa Romana a cura di SpazioTaverna: Alice Paltrinieri propone un’installazione sonora con voci digitali che raccontano sogni contemporanei legati alla dimensione quotidiana e familiare. Le “visioni” narrate dalle voci si diffondono negli ambienti della Casa Romana, come una presenza straniante.

Per il Museo delle Miniere e il Museo delle Scienze e del Territorio si è pensato di uscire fuori dalle sedi fisiche: al Museo delle Miniere, alcune settimane fa, abbiamo organizzato un momento conviviale insieme all’Associazione Amici delle Miniere, a cui ha preso parte il fotografo Serafino Amato, il quale ha realizzato alcuni scatti: ne è nato un ritratto che vede insieme Benigno Fabbi, 94 anni, minatore al Pozzo Orlando di Morgnano dal 1944 al 1960 e di suo nipote Mattia, 6 anni, in un’immagine che tiene insieme memoria e proiezione futura. La fotografia diventerà un poster affisso per le strade di Spoleto, portando così il Museo delle Miniere in città, simbolicamente. In collaborazione con il Museo delle Scienze e del Territorio (e le realtà che lo gestiscono, Int.Geo.Mod. e Hyla), il 9 luglio sarà organizzata nel Bosco Sacro di Monteluco la mostra-laboratorio Il Soffio del Gatto dell’artista Giulia Mangoni. Buona parte delle opere realizzate per questo progetto saranno donate al Museo che potrà disporne per le attività didattiche e le visite, diventando un piccolo patrimonio collettivo.

Direttore Verini, ha un obiettivo che vorrebbe realizzare durante il suo incarico?

L’aspirazione è che le sedi vengano percepite come luoghi di incontro, di approfondimento, di produzione culturale e artistica, visitati da pubblici diversi. A Palazzo Collicola vorrei che la programmazione si potesse caratterizzare sempre più per la visione trasversale, accogliendo artisti di generazioni differenti, con un occhio di riguardo all’Umbria e al suo rapporto con l’arte contemporanea. Sarebbe bello rendere la rete dei musei comunali di Spoleto un punto di riferimento per gli artisti attivi in Italia; credo che loro presenza negli spazi possa diventare, periodicamente e rispettando le sedi, un vero e proprio attivatore.

Intervista a cura di Sara Stangoni

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