06 Mag 24 Turismo, calendario scolastico e lavoro: come influenzare il periodo in cui far viaggiare
Ci siamo detti a più riprese che l’offerta turistica è sostanzialmente anelastica cioè non riesce ad essere flessibile quanto servirebbe per gestire i picchi di domanda stagionale. Questo non solo in riferimento alla richiesta di alloggi (ivi inclusi alberghiero ed extra-alberghiero) ma anche, e forse soprattutto, di personale qualificato. Se ragioniamo in particolare sulla stagionalità estiva troviamo che nelle aree vocate al balneare si richiedono molti servizi in un periodo molto limitato e molto soggetto ai fenomeni atmosferici (ad esempio giugno 2023 è stato molto piovoso ed ha posticipato di settimane l’inizio della stagione vera e propria). Il clima però non influisce solo sulla voglia o meno di viaggiare, ma anche su quella di rimanere (o meno) a lavorare o studiare. Mi sono confrontato con colleghi di altri Paesi europei per capire quanto le abitudini di studio e lavoro incidano sulla curva di stagionalità. I fattori determinanti sono sostanzialmente 4: il calendario scolastico, la tipologia di impiego, il meteo e… l’abitudine o meglio la riprova sociale sulle scelte di viaggio.
Per una destinazione turistica di livello locale non c’è, ovviamente, modo di influire sul calendario scolastico. I tre mesi di assenza da scuola inducono le famiglie a concentrare in quel periodo la richiesta di assentarsi dal lavoro e, allo stesso tempo, ha fatto proliferare la nascita di centri estivi di tutti i tipi, dal linguistico allo sportivo fino a quello teatrale o semplicemente balneare (le vecchie colonie dei primi del ‘900, circa 100 anni fa!). Alcuni di questi servizi sono comunali, altri, la maggior parte, di privati, ma tutti sono pensati, quasi unicamente, per i residenti. Ci sono alcune eccezioni di valore, una di queste è l’iniziativa di WWF travel (https://wwftravel.it/campiestivi/) dove l’esperienza di rapporto con la natura, digital detox, amicizie che nascono al di fuori dei contesti tradizionali e che rafforzano nei bambini e nei giovani l’idea di appartenere ad una comunità di dimensioni non solo nazionali ma europee che sarà la loro futura arena professionale ed affettiva. La destinazione turistica che volesse accogliere uno di questi centri estivi tematici rivolti ad un pubblico ampio potrebbe godere di riconoscibilità e soggiorni di famiglie per generazioni.
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Non tutti i lavori danno poi la stessa flessibilità nel concedere tempi di astensione dall’impiego o anche uno smart working da fuori della propria residenza. Nella precedente economia industriale le ferie di agosto dettate dalla chiusura delle fabbriche stanno evolvendo, nell’attuale economia dei servizi, sono in situazioni opposte dove, ad esempio, per i lavoratori del settore turistico stesso non vi è alcuna possibilità di concedersi vacanze in estate. Chiaramente un amministratore della destinazione non può influenzare le scelte delle imprese su questo tema, ma può agevolare la possibilità di fare smart working in coworking temporanei eventualmente riadattando locali comunali sottoutilizzati proprio per la riduzione del personale dovute alla stagionalità estiva. Quindi, semplicemente, fare in modo che, per chi può farlo, ci sia disponibilità di un luogo accogliente e ben organizzato (e con l’aria condizionata) per trascorrere le ore di lavoro mentre i bambini e ragazzi si divertono al centro estivo che li accoglie proprio in quegli orari.
Poi è chiaro, quando è caldo si fa più fatica a fare tutto, figurarsi lavorare. La tecnologia ci mette a disposizione l’aria condizionata ma il meteo gioca comunque un ruolo cruciale. Le strategie commerciali dei gestori di strutture ricettive si affidano al tempo stabile puntando sui dehors, sugli spazi all’aperto e sulla fruibilità degli stessi come primaria attrazione turistica. L’impredicibilità climatica può quindi causare significativi squilibri economici in un settore già caratterizzato da una forte stagionalità, riducendo i ricavi e mettendo in difficoltà l’intero settore. Per essere chiari: nessuno investirebbe soldi e tempo libero per trascorrere una settimana dentro l’hotel (anche se con vista mare) perché fuori diluvia. Le città d’arte possono in parte ovviare a questo grazie alla rete museale ed agli spazi espositivi al coperto, ma le destinazioni balneari e montane hanno bisogno del bel tempo. Come fare? Semplicemente non abbandonando i turisti nel caso di maltempo ma, in modo proattivo grazie alle previsioni meteo che risultano sempre più affidabili, organizzare servizi di trasporto verso le vicine città d’arte o eventi che possono essere fruiti con qualsiasi clima.
Da ultimo vorrei condividervi un’immagine: cosa provate quando il collega parte in vacanza a marzo/novembre o cosa invece quando parte a luglio o agosto? Nel secondo caso non ci prestate attenzione, nel primo invece lo vediamo come un anticonformista (o un privilegiato a seconda dei casi) che si può permettere di partire per qualche località tropicale col partner o, scriteriato, ha deciso di portarsi anche la prole al seguito facendogli saltare consapevolmente giorni di scuola. Questa sensazione di adeguatezza/inadeguatezza del periodo in cui viaggiare è totalmente soggettiva eppure la riteniamo oggettiva, come può un amministratore di una destinazione influenzarla?
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.