07 Ott 24 Turismo e fiere di settore: le parole chiave sono visibilità, networking, contatto umano e immersività
A distanza di un anno torno sull’argomento fiere di settore visto che siamo in prossimità del TTG Travel Experience, evento ancora molto popolare tra le migliaia di professionisti del turismo, in particolare, gli enti del turismo su diversi livelli, dai Comuni alle DMO fino alle Regioni. Tutti aspirano a coinvolgere potenziali clienti professionali e scoprire nuove opportunità e tendenze. Per un Comune o una Regione partecipare ad una fiera di questo calibro è di sicuro una facile occasione per dimostrare agli stakeholders interni di essere “sul pezzo”, offrendo loro una visibilità che faticherebbero ad ottenere singolarmente.
Proprio la visibilità è la prima delle parole chiave su cui sposto l’attenzione. Fino a qualche anno fa le fiere del settore erano popolate di tour operator ed agenzie di viaggio, oggi per lo più sono influencer e giornalisti a caccia di nuovi incarichi. Ci sono ancora gli organizzatori e gli intermediari ma il loro peso in termini di “visibilità”, appunto, è molto limitato. Non ci interessa più tanto avere pacchetti turistici dedicati o collaborazioni che dureranno nel tempo con organizzatori di gruppi o di individuali, ma vogliamo tanti follower che scrollino i reels di promozione del nostro territorio mentre sono al bagno o sul divano. Poi, se qualcuno da quei pochi secondi di video trae ispirazione per sceglierci, tanto meglio ma difficilmente riusciamo a tracciarli per poterne dare riscontro ai nostri concittadini.
La seconda parola chiave è networking. Abusata in molti campi, ma poco “usata” dagli enti locali che faticano a vedere nella collaborazione con altre realtà territoriali una reale opportunità. I nostri concittadini vivono un estremo campanilismo, ormai desueto ovunque ma ancora imperante in Italia, perché affonda le radici nella nostra storia e scegliere di collaborare con i nostri vicini viene vista come una sconfitta, mostra che non siamo veramente così capaci di farci valere nei confronti degli altri. Eppure, nelle fiere non ci viene chiesto solo di presentare la propria offerta (cosa di cui invece vedo quasi tutti estremamente convinti), ma anche di vedere cosa fanno gli altri, capire quali strategie funzionano e quali no, e magari prendere ispirazione per migliorare le proprie iniziative locali. Questo confronto, se abbiamo la fortuna di conoscere qualcuno più bravo di noi, può insegnarci moltissimo.
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Terza parola chiave è il contatto umano, l’incontro faccia a faccia e la possibilità di instaurare un dialogo diretto restano fondamentali in un settore basato sull’esperienza come quello turistico. Come mi capita di dire spesso non vendiamo sacchi di patate dove chiunque può accertarsi dello stato del bene prima di acquistarlo. Vendiamo immagini su uno schermo, descrizioni su un preventivo, recensioni di qualcuno che c’è stato. Il resto se lo deve costruire il cliente mettendoci del suo e non è detto che vada tutto come abbiamo pianificato. E come risolve un professionista un eventuale disservizio? Col contatto umano, al telefono se hai comprato online, di persona in agenzia viaggi, ma sempre con un confronto diretto, personale, altro che chatbot!
Una quarta parola chiave è l’immersività. Le principali tecnologie a supporto della promozione turistica attualmente in sviluppo puntano su questo: dai visori tridimensionali alle panorama room fino alle esperienze sensoriali olfattive e tattili. Tutto questo si aspetta il visitatore sia professionale che non professionale. Vuole vivere qualcosa del territorio: può essere ascoltare una musica, farsi fare un tatuaggio all’hennè oppure assaggiare qualcosa di tipico o esotico. Tutto questo era molto presente anni fa, oggi, per il costo o le norme più restrittive, molto meno. Peccato, perché, in questo settore, lasciare un ricordo memorabile è tutto.
Rimanendo sul tema dei costi introduco l’ultima riflessione sul tema: l’analisi costi-benefici della partecipazione ad una fiera di settore. Tra i costi troviamo spese per lo stand, personale, materiale promozionale e logistica, che possono essere significativi, specialmente per Comuni o Regioni con budget limitati. D’altra parte, i benefici potenziali includono visibilità diretta a un pubblico specializzato, opportunità di networking con operatori del settore e la possibilità di promuovere il territorio in maniera coinvolgente e personalizzata. Tuttavia, con le nuove opzioni digitali e le fiere ibride, è importante valutare se una presenza fisica sia necessaria o se strategie più economiche, come il marketing online, possano raggiungere obiettivi simili con un minor investimento.
Immaginiamo un piccolo Comune che partecipa al TTG. Allestiscono uno stand, magari con qualche foto e brochure, spendendo una bella somma per lo spazio, il personale e il materiale promozionale. Durante la fiera incontrano professionisti e fanno qualche contatto, e, se siamo bravi, andremo a verificare che effettivamente facciano contratti con le nostre strutture.
Se lo stesso Comune avesse investito quella somma in una campagna social ben fatta, con video emozionali e promozioni mirate su Instagram o TikTok, che risultati avremmo avuto? Come riusciremo a capire quanti nuovi, veri, turisti saranno in giro per il territorio a spendere soldi?
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.